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IL CICCI : di Maria Pia Pallotta

Per gentile concessione della Casa Editrice "Il Rosso e il Blu" di S. Maria Maggiore (VB). Il racconto, segnalato al Concorso Letterario 2012 "Andrea Testore- Salviamo la montagna " è stato scritto da Maria Pia Pallotta Parlanti e pubblicato sul testo "Lassú sui monti".

Il Cicci

«Non mangio il formaggio io...»
Lacrimoni accorati rigavano le guance diventate paffutelle e rosso ciliegia in poco tempo.  La piccola fissava la Tilde. Aveva capito a chi fare riferimento. La pastora aveva cresciuto le figlie senza tante storie.  Quando per merenda avevano una fetta di pane bianco con olio e sale erano felici. Non capiva la bimbetta "di città" e le avrebbe volentieri mollato un sonoro ceffone, ma il Nando era intervenuto, calmo e convincente.
«Il formaggio è buono. Prova!»
La Pia adorava il "suo" pastore: alto, snello, baffi curati e orologio da taschino nel gilet scuro, indossato anche di settimana. Ma ora lo odiava...
«Cattivo! Tu ammazzi il capretto per fare il formaggio...»
  I singhiozzi erano così forti da far temere un colpo di vomito.
«Hai capito male. Domattina vieni a vedere come si fa il formaggio.  Intanto questo lo mangio io. Poi questa sera giochiamo a chi si addormenta per primo e se vinco io, domani ne assaggi un pezzetto... Su, va a vedere se arriva il Luigi.  Oggi è sabato, ti ricordi?»
La Pia lo sapeva per le cipolle tolte dal soffritto e le secchiate d'acqua sul selciato a spazzar via bilàc
e bilachitt.  Ad un tratto il Cicci alzava un orecchio, lo ruotava a mo’ di radar e usciva. Saltava il laghetto tra starnazzi di galline, galli e oche.  Dava un’occhiata compassionevole agli stupidi maiali che non facevano altro che abbuffarsi e correva giù nel vento. La Pia si precipitava al seguito, nella beata incoscienza dei suoi pochi anni, convinta che il gigante buono venisse per portare a lei l’enorme zaino.  
Dalla sacca uscivano pi:rsi, basagnöi, bajàn, gnic gnac e il pezzo di carne con ossi da brodo, il menù d'obbligo della domenica. Quel giorno non c’era però la striscia di figurine della Nannina e alla Pia mancavano  Bean e Fontana del Milan.


Il Cicci, pelo lungo e grigiastro, occhioni umidi, sguardo profondo e vigile,  orecchie a cavatappi e zampone felpate, scodinzolava festoso.  Era l’ombra che seguiva gli abitanti della baita: una presenza silenziosa, discreta e amica. Faceva tesoro di quanto gli veniva confidato. Ascoltava l’Orlando che cantava a squarciagola mentre sbucciava le patate o si incaponiva sul solitario di Napoleone, controllava che la Pia si allacciasse le stringhe, portava il panétt  alla Margherita quando era ora di mungere e üi faseva prǜ stare fuori col Nando quando le stelle erano chiare nel cielo. Il pastore fumava pensoso la sua pipa e lui sognava ossi da brodo...


Il Cicci era un membro della famiglia eppure per lui da quello zaino non sbucava mai niente.  Restava a bóca süćia. Quel giorno aveva deciso di farsi giustizia.  Un balzo mentre la famigliola si era radunata per sentire le novità intorno a un Luigi sudato fradicio e...
Questa volta la Tilde "la iè:va bé rasùn da dàjïŋ una càrga e vusà
cumé ‘n štrasciàt".
Era un sabato di agosto. La serata giù al Leone Vecchio con la fisarmonica del Carleto,  le avventure "spalloni vs. canarini" e le risate nel saltare da una roggia puzzolente di bilàc a una la:nca di girini avevano fatto credere che sarebbe tornata la normalità. Tra partite alla morra e a scopa, cichitt e caraffini, gli spalloni e i finanzieri erano passati come al solito a vie di fatto. Dopo un po' sia i valligiani sia i "formazzini" si erano comunque allontanati felici e contenti. Nella piana affogata nella notte scura echeggiavano ancora i vari "terui" e "connuti", urlati a perdifiato dai contendenti ridotti a sagome indefinite nella nebbiolina spettrale. I robusti contrabbandieri sghignazzavano per aver mostrato i denti a quei "fighetta di meridionali" che non capivano il dialetto. I finanzieri si allontanavano soddisfatti per essere sempre, con le loro belle divise dalle mostrine color canarino e la brillantina nei capelli scuri,  l’oggetto del desiderio delle donne, con cui si intendevano pur parlando un italiano stentato. Ai "connuti" interessava essere i più forti. Ai "furmazzitt" rimorchiare. Questione di punti di vista...
Spariti i contendenti, la saletta del Leone sbadigliava. Le donne toglievano le ballerine, rimettevano gli scarponi e tornavano, pile in mano, verso casa.  Anche l'Orlando e la Margherita erano rientrati a grandi passi, ma in baita il Cicci non c'era.  Non era neanche nella stalla. Erano andati a dormire, rassegnati ad aspettare l'alba per dargli una grattatina sul pelo e soffocargli un bacetto tra le orecchie.


Il mattino seguente la Tilde si era alzata prima del solito ad attizzare il fuoco.  Aveva preso il pariulìŋ e aspettato che l'acqua bollisse, pensosa  e rannicchiata su se stessa, come un gomitolo di lana quasi interamente utilizzato.  Lo sguardo vagava verso la cappa del camino, dove minuscole scintille giocavano a rincorrersi e spente aulag grigie volteggiavano verso il basso. Gli altri passavano mesti a prendersi un mescolino di latte dal secchio di zinco in centro tavola. Fuori si intravedeva un cielo di stelle sbiadite, orlato dalle montagne che si stagliavano chiare nella semi oscurità. "Nébia da ciaul" aveva sentenziato il Nando e l’idea che la domenica sarebbe

stata una splendida giornata aveva riacceso la speranza di veder tornare il Cicci.
Le donne si erano infilate il grembiulone che usavano quando mungevano le bestie, dopo aver raccolto i capelli in foulard scuri.  Il Nando aveva caricato sulla cé:ina  la pariòla di rame.  L’Orlando andava avanti e indietro tra la stalla e la cantina, dove rovesciava il latte appena munto e spumoso in altri recipienti. L’Anita e la Margherita  convincevano le mucche ad alzarsi con perentori "Leva sǘ
maźźarò:ca! Movat pèna liguźźùna!"...  Le voci si confondevano con i possenti muggiti delle più riottose, ma i tre lavoravano svelti per potersi fiondare alla ricerca del cane. Il Nando intanto si era alzato per prendere la  bottiglia che conteneva il  caglio.
«Ecco, questo è il quać.  A Pasqua in una bottiglia si mette il latticello del vascél, il sale e la vescica di un capretto appena macellato, divisa in strisce alte sì e no due centimetri...»
«Ma allora avevo ragione io a dire che si deve ammazzare un capretto!»
«No, bambina... Si utilizza una parte che sarebbe buttata via. Spiace anche a me per la bestiola, ma  la carne ci vuole. Serve per dare forza di lavorare...»
«Per questo il Cicci l'ha rubata! Anche lui fa fatica a correre dietro alle mucche!»
Il ragionamento non faceva una grinza e lacrimoni senza singhiozzi rotolavano sulle guanciotte paonazze. Il Nando aveva però il suo asso... sopra alla trave del camino: le figurine di Bean e Fontana!
Il sole della domenica era tramontato. Capre, mucche e pastori erano rientrati in un silenzio rassegnato. Nessuna traccia del cane, ma una sorpresa li aspettava. Sul tavolo c'era una marmotta ancora tiepida, la testa penzolante.  Il Cicci aveva restituito la carne...
«Nonna Pia è una storia vera di quando eri piccola su all'Alpe Veglia coi pastori o è una favola?»
«È vera. La dura legge della montagna insegna a vivere. Ora, su, da bravo, giochiamo a chi dorme per primo...»


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